Attività di ricerca
Il progetto di restauro su edifici allo stato di rudere, ancor più che su edifici in qualche modo “riutilizzabili”, deve tenere in debito conto la vulnerabilità (la predisposizione naturale e/o acquisita a essere danneggiata che il manufatto possiede), i comportamenti della struttura in condizioni normali e sotto stress e la disponibilità della stessa struttura a “reagire” naturalmente a sollecitazioni cicliche di lunga durata o improvvise. Previsioni corrette dovrebbero rispettare le caratteristiche dei manufatti, limitandosi a interventi minimi e strettamente necessari, ricercando la compatibilità (della logica strutturale, dei materiali e delle strutture originarie nonché delle funzioni primitive e quelle che si sono modificate nel tempo) e assicurando, finchè possibile, una buona dose di reversibilità. Il progetto di restauro deve prevedere una controllata sequenza di indagini specifiche e la predisposizione di una catena operatoria di azioni che non possono essere casuali e improvvisate.
La diagnosi di vulnerabilità deve emergere dal riscontro di notizie storiche verificate negli archivi del suolo attraverso osservazioni dirette dei quadri fessurativi e delle evidenze delle patologie degenerative, la conduzione di campagne di rilevamento di buona affidabilità, osservazioni mirate sui singoli componenti dell’edificio, verifiche strutturali adeguate, indagini sulle trasformazioni che il sito e/o il manufatto hanno subito dall’epoca del rinvenimento/scavo, indagini sulla presenza di soluzioni conservative impiegate in epoca passata, valutazione della reale recuperabilità di un manufatto. La tendenza a demolire e a ricostruire con eccessiva disinvoltura edifici o parti di questi non ritenuti “documento” significativo e ad allontanare i materiali “di risulta,” indipendentemente dal fatto di aver prima concluso le campagne di osservazioni diagnostiche sulle dinamiche, può causare la eliminazione degli “originali” e annullare il potenziale di informazioni future che i muri, anche se dissestati e pericolanti, sono ancora in grado di dare.
Un intervento di restauro può costituire una preziosa occasione per “collaudare” dal vero eventuali scelte fatte in precedenza e suggerire i necessari correttivi da porre in atto, ma anche l’occasione per la valorizzazione di quelle soluzioni che, adottate in altra epoca in maniera più o meno consapevole, ancora oggi possono essere utilmente impiegate.
Un ambito di intervento sempre più frequente è costituito dal restauro di emergenza. Questo si rende necessario quando si esigono operatori capaci di intervenire in tempi ristretti e con efficacia anche nelle condizioni più difficili; quando vengono a mancare (perché non previsti o, più raramente, non prevedibili) i mezzi tecnici, il tempo e le risorse economiche necessarie. Si tratta di un ambito operativo che è destinato a caratterizzare, in un futuro non lontano, gran parte degli interventi. Sempre più frequentemente, infatti, si creano le condizioni per interventi che esigono decisioni quasi improvvise e cambi di programmi in tempi ristretti. In analogia con lo scavo archeologico di emergenza, talvolta, si è obbligati ad eseguire analisi diagnostiche tempestive e predisporre i più opportuni interventi per assicurare la sopravvivenza dei materiali edili e del loro ambiente sfruttando al meglio le condizioni di rinvenimento salvaguardandone anche il potenziale documentario futuro. Le scelte saranno ancora più delicate perché, nella maggior parte dei casi, agli eventuali errori non sarà possibile porre rimedio. L’emergenza, più in generale, è uno stato perenne in Italia anche a causa di eventi naturali. Il problema principale è quello di riuscire ad assumere decisioni immediate per non far peggiorare situazioni che si presentano già precarie, non diversamente da come farebbe un medico che opera in ambulanza o al pronto soccorso, abituato ad operare sulla base di un protocollo prestabilito, capace di ridurre al minimo i rischi soprattutto negli intervalli critici di transizione durante i quali i danni potrebbero evolversi in maniera incontrollabile o irreversibile.
The
objective of the research program is to explore the character of the
restoration of buildings reduced to ruins, and to define its application
limits. The definition “archaeological restoration” identifies, in the
most common meaning, works of conservation of moveable artifacts and finds
mainly originating from excavation operations. In the absence of a more
precise and unequivocal definition, this definition is also used in the
meaning of conservation and improvement of historical buildings and
monuments reduced to ruins. The archaeological restoration project must
explore the possible areas of competence and experiment new forms of
intervention, so as to develop a definition of possible categories which are
defined by exact specifications and attribution of costs. Archaeological
restoration tends to assume, by its own nature, complex connotations, and
tends to identify itself more and more with a truly interdisciplinary
context in which the expertise of single scholars/researchers may interact
efficaciously in the respect of the individual specialisations. An important,
at times even decisive role is played by the architect-restorer, even though
the expertise and responsibilities of this figure have only lately, and with
difficulty, been defined. For archaeological restoration, even more than for
the restoration of monumental buildings, it is important that the
interventions be preceded by correct and exhaustive diagnostic evaluation
that may even reduce the need for restorations which, in the large majority
of cases, are actually prompted by the backwardness in diagnostic technique.
If the variables in an archaeological excavation are unforeseeable, the
variables related to the pathologies of structures and of building materials
are often limited to a small number of case histories referable to
well-known or sufficiently controllable contexts.
The
project originates from the realisation of the backwardness of
archaeological restoration, in clear opposition to the advancement and
maturity of both archaeology and conservation science. The antiquity of the
artifact is not necessarily a discriminating factor, since archaeological
buildings that are still in good condition may receive the treatment
commonly applied to architectural restoration, while less ancient buildings
that, due to different factors, are reduced to a state of ruin, require a
very different methodological approach and restoration procedures.